Giacobbe Giusti, DONATELLO et BRUNELLESCHI: Crucifix
Giacobbe Giusti, DONATELLO et BRUNELLESCHI: Crucifix
Giacobbe Giusti, DONATELLO et BRUNELLESCHI: Crucifix
Molto controversa è la datazione del Crocifisso « contadino » di Santa Croce, al centro di un curioso aneddoto narrato dal Vasari nelle Vite, che registrò una competizione artistica con Filippo Brunelleschi. Oggi viene generalmente collocato tra le opere giovanili, scolpito tra il 1406 e il 1408prima del viaggio a Roma, per via della sua drammatica espressività. Altri lo collocano al 1412o anche arrivano a negare la paternità al grande scultore, con argomenti però meno convincenti e in aperta opposizione alla testimonianza di Vasari oltre che ad alcuni elementi stilistici.
Brunelleschi rimproverò all’amico di aver messo in croce un « contadino », privo della solennità e della bellezza proporzionale che si confaceva a un soggetto sacro. Sfidato a fare di meglio Brunelleschi scolpì il Crocifisso di Santa Maria Novella, impostato secondo una studiata gravitas, alla vista del quale Donatello rimase così colpito da lasciar cadere le uova che stava trasportando in grembo.
Il confronto tra i due crocifissi è esemplare per dimostrare le differenze personali tra i due padri del Rinascimento fiorentino, che nonostante la comunanza di intenti avevano concezioni personali del fare artistico molto diverse, se non talvolta opposte. Il Cristo di Donatello è costruito sottolineando la sofferenza e la verità umana del soggetto, forse in accordo con le richieste dei committenti francescani. Il corpo sofferente è composto con un modellato energico e vibrante, che non fa concessione alla convenienza estetica: l’agonia è sottolineata dai lineamenti contratti, la bocca dischiusa, gli occhi semiaperti, la composizione sgraziata[2].